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Queen – A KIND OF MAGIC

8 Luglio 2006

Tracklist:

1 – One Vision (Queen)
2 – A Kind Of Magic (Taylor)
3 – One Year Of Love (Deacon)
4 – Pain Is So Close To Pleasure (Deacon – Mercury)
5 – Friends Will Be Friends (Deacon – Mercury)
6 – Who Wants To Live Forever (May)
7 – Gimme The Prize (May)
8 – Don’t Lose Your Head (Taylor)
9 – Princes Of The Universe (Mercury)

In rosso sono indicati i brani già ascoltati durante puntate di WAH WAH.

Vi ha suonato:
FREDDIE MERCURY – Voci, tastiere.
JOHN DEACON – Basso, tastiere, occasionalmente chitarra.
ROGER TAYLOR – Batteria, occasionalmente voci, tastiere.
BRIAN MAY – Chitarra, occasionalmente voci, tastiere.
Altre tastiere – SPIKE EDNEY.
Sassofono su “One Year Of Love” – STEVE GREGORY.

Tracce 1, 3, 4, 5, 9 prodotte dai QUEEN e MACK. Ingegnere del suono: MACK.
Tracce 2, 6, 7, 8 prodotte dai QUEEN e DAVID RICHARDS. Ingegnere del suono: DAVID RICHARDS.
Ingegnere assistente: CROYDON.
Registrato per gran parte ai Townhouse Studios (Londra), Musicland Studios (Monaco di Baviera) e Mountain Studios (Montreux).
Masterizzato ai Townhouse Studios da KEVIN METCALF.
Edizioni: Queen Music Ltd. / EMI Publishing Ltd.

Difficile immaginare che tipo di album avrebbero inciso i Queen come seguito del fortunato ma confuso THE WORKS, se non avessero avuto la proposta di scrivere la colonna sonora del film cult “Highlander”. Forse sarebbe stata un’ ennesima copia sbiadita dei successi passati, un pastiche con ansia di classifica come THE GAME, con la necessità quasi utopica di sposare leggenda personale e nuove tendenze pop. Di certo non sarebbero tornati alla nostalgia dei ’70, ma piuttosto a una sconcertante routine dettata da un Freddie sempre più preso dai facili ritmi disco (nel 1983 collabora di nascosto con Michael Jackson e rilascia il suo primo singolo solista, Love Kills, prodotto dal profeta della nuova disco music elettronica Giorgio Moroder) e dalla ridotta visuale di quattro capricciose star viziate, resa cronica dalla tranquillità delle loro magioni principesche. A salvare le aspettative del fan è la telefonata del regista Russell Mulcahy ai Queen. Gli serve una musica epica e potente, abbastanza gloriosa da reggere l’impegnativa trama del suo primo film, “Highlander”, dove l’ideale cavalleresco, l’amore e gli sconvolgimenti umani dell’intera storia della Terra si intrecciano in una gara all’ultima decapitazione tra un gruppo di immortali che attraversando le varie epoche storiche si sfidano fino a quando non ne rimarrà soltanto uno a guadagnare una misteriosa ricompensa. Il cast del film è di tutto rispetto, a partire dal protagonista Christopher Lambert e il maestro Sean Connery, e la pellicola sarà fortunata partoriente di una vera e propria saga condita da un riuscito telefilm negli anni ’90 (con protagonista Alexander Paul). I Queen avevano già avuto una esperienza di colonna sonora nel 1980 quando furono chiamati da Dino De Laurentiis per le musiche della proposizione cinematografica dell’eroe dei fumetti Flash Gordon. Se l’album relativo volò al decimo posto in classifica (nonostante contenesse solo 2 pezzi su 18 cantati) e sfornò un hit-single (Flash), il film risultò un deludente B-movie, passato presto inosservato (nonostante la presenza di notevoli star come Ornella Muti e Timothy Dalton). Comunque quando i Queen ebbero modo di vedere 20 minuti di presentazione del film “Highlander” (forse nel dicembre 1985 o nel gennaio 1986) ne rimasero entusiasti e corsero il rischio. L’album finale, A KIND OF MAGIC, soffre di una certa eterogeneità poiché si è scelto di non produrre una vera e propria colonna sonora del film (come invece fu FLASH GORDON), ma inserire solo brani in formato-canzone ottenendo un autonomo e indipendente disco a nome Queen. Oltre alle canzoni scritte per “Highlander” compaiono nel disco brani esterni al progetto cinematografico, decisamente più deboli e qualitativamente inferiori. Molte musiche registrate per il film non sono documentate in A KIND OF MAGIC, e sì, vi dovrete vedere il film per sentire, ad esempio, una bizzarra cover dello standard di Liza Minelli New York New York. La formula è commercialmente più appetibile, ma comporta una mancanza di coesione per l’lp. Addirittura abbiamo come opening del disco, a confondere ulteriormente le idee, il singolo uscito otto mesi prima, One Vision. Rock ispirato dal famoso discorso di Martin Luther King “I have a dream…”, è il primo frutto della rinascita Queen dopo la loro adrenalinica performance al Live Aid del 13 Luglio 1985, il leggendario Juke Box live globale dove tutto il mondo musicale dell’epoca ha intrattenuto migliaia di spettatori presenti in contemporanea a Londra e Philadelphia e davanti agli schermi di tutto il mondo (e qui il numero di unità supera nettamente il miliardo) per combattere la fame in Africa. I Queen sono stati unanimemente considerati i migliori sul palco, staccando nettamente tutto il bel mondo del rock mondiale, dagli U2 ai Rolling Stones, da David Bowie a Paul McCartney fino a Elton John e i Dire Straits. Confermatisi la più grande band al mondo, i Queen hanno monopolizzato lo stadio di Wembley con un set serratissimo di 20 minuti. La risposta discografica al blitz del Live Aid è appunto la nostra One Vision, uscita il 5 Novembre 1985, accompagnata da un celebre video (e un celebre “Making of”) girato durante il lavoro in sala d’incisione. Comparirà anche nella colonna sonora di un parente povero di “Top Gun”, “Iron Eagle”. Il testo continua nei temi dell’iniziativa di Bob Geldof di una grande Pangea rock-umanitaria lontana da ogni discriminazione; oltre ad essere una ripulita di immagine per essere stati inclusi nella lista nera delle Nazioni Unite degli artisti presunti sostenitori dell’Apartheid (colpa di una infelice serie di esibizioni a Sun City, in Sudafrica). “Ti sto dicendo che non c’è né bianco né nero…tutto quello di cui abbiamo bisogno è la prospettiva ampia di un unico mondo possibile…Una sola vera religione, una sola razza una sola speranza una vera decisione…Avevo un sogno…visioni di un’unica dolce unione”. La seconda traccia è la title-track A Kind Of Magic, scritta da Roger Taylor (al suo secondo grande hit dopo Radio Ga Ga). Uscita come singolo il 17 Marzo 1986 è ancora carica dei temi di cui sopra, ma dall’attitudine musicale decisamente più pop. La partitura di basso è trascinante, la chitarra di Brian è precisa e ginnica mentre la batteria e certe tastiere di contorno sono tipicamente eighties. Un gran bel prodotto da classifica. Il video è diretto dal loro committente Russell Mulcahy (A Kind Of Magic compare nel film “Highlander”). Altro brano edito nella colonna sonora è One Year Of Love, un magnifico lento di John Deacon. L’arrangiamento è minimo e già basta la strepitosa resa della voce di Mercury a reggere la struttura. L’inusuale assolo di sax (per un brano dei Queen) è di un membro esterno al gruppo, Steve Gregory; Brian May è del tutto assente. Su tutt’altro versante Pain Is So Close To Pleasure si contende il premio come peggiore canzone dei Queen e rappresenta un approssimativo riempitivo su A KIND OF MAGIC. L’apporto di Brian è ancora minimo e il falsetto di Freddie è quasi imbarazzante; le liriche sono senza pretese. Friends Will be Friends è un altro singolo estratto e un’altra no-sountrack track. Possiamo descriverla come una tenue ballata pianistica easy-listening dal ritornello anathemico, tipicamente Queen, dove certi interventi di chitarra e la voce di Freddie cercano di smuoverla dalla sua stanchezza genetica. Siamo di fronte comunque a un brano gradevole e molto famoso, inserito anche nella scaletta del Magic Tour, in versione tagliata proprio tra We Will Rock You e We Are The Champions. Il relativo video è un intimo concerto per pochi fortunati iscritti al Queen Fan Club inglese che cantano assieme ai loro beniamini questo solare inno all’amicizia, come a sottolineare il grande rapporto tra i Queen e il loro vasto pubblico, che non solo in Gran Bretagna ha proporzioni davvero molto consistenti. Punto d’onore alla successiva Who Wants To Live Forever, emozionale ballad scritta da Brian May subito dopo aver visto la presentazione del film. Rimase molto toccato dalla storia d’amore che è obbligata a terminare tra il protagonista immortale e la ragazza mortale delle Highlands scozzesi. Lui la vede invecchiare giorno dopo giorno mentre lui rimane sempre giovane, fino a quando lei gli muore tra le braccia. Il tempo ha fatto il suo inesorabile corso e lui è costretto a vivere e soffrire tutte le perdite delle persone che ama. La sua unica via di uscita è non innamorarsi mai più (“Chi vuole vivere per sempre? Non c’è chance per noi, è tutto deciso per noi. Questo mondo ha solo un dolce momento messo da parte per noi…Chi osa vivere per sempre se l’amore deve morire?…L’eternità è il nostro oggi, ma chi aspetterebbe in eterno?”). Who Wants To Live Forever è il momento nobile della colonna sonora di “Highlander”, il brano più riuscito frutto della grande sensibilità di Brian. La National Philharmonic Orchestra è stata registrata ad Abbey Road e i suoi arrangiamenti sono opera di Brian e Michael Kamen. Cambia decisamente l’atmosfera per Gimme The Prize, il tema di Kurgan, il cattivo del film. La chitarra abortisce ogni speranza di quiete già dai primissimi spasmodici secondi con un tapping sonico e maniacale. Grassi fendenti fanno da sottofondo ai dialoghi del film, presenti più volte all’interno di questa canzone (“Ha anche lasciato il corpo di un uomo decapitato, steso sul pavimento con la sua stessa testa mozzata. Una testa al momento senza un nome” “IO SO IL SUO NOME”). Dopo di che parte la più burrascosa canzone dei Queen a datarsi con un Freddie veemente e dalla prestazione iperbolica, la band compiutamente heavy, il suono saturo e ingombrante: il tutto è davvero sconvolgente. Le apocalittiche parole del testo ben rappresentano il personaggio Kurgan, l’invasato condottiero immortale che reclama la sua “ricompensa” (“Eccomi qua, sono il padrone del vostro destino…datemi i vostri re, lasciate che li stritoli con le mie mani…i cosiddetti capi delle vostre terre li mangerò interi prima di aver finito…Non c’è scampo alla mia autorità, sono il solo, l’unico, sono il dio del regno a venire, datemi la ricompensa…”). L’ottava traccia è Don’t Lose You Head, dal titolo in linea tematica con il film, ma in realtà riguardante il ritiro della patente per abuso d’alcool di cui si fecero protagonisti sia Taylor che Deacon (“Non bere poi guidare la mia auto, non sottoporti al test del tasso alcolico, non perdere la testa, se vuoi raggiungere il massimo successo e rimanere in vita, non perdere la testa”). La canzone è scritta da Roger e fu allo stesso modo inserita nella colonna sonora del film. Ma il tema centrale della pellicola è la conclusiva Princes Of The Universe, unico episodio a firma del solo Mercury in A KIND OF MAGIC. Lo stile è maestosamente epico, con una struttura complicata e multisfaccettata, piena di incastri e cori, in bilico tra moderno heavy metal e tradizione Queen dei primi albums. Il tempo è efficacemente rallentato per la prima e seconda strofa, per poi passare attraverso complicazioni e sconvolgimenti nella parte centrale; diventa frenetico da 2:30. Se nella versione dell’album non è molto organica e mal si adatta a una resa ad esempio come singolo, è ben sfruttata e mutilata all’interno del film. Le liriche sono tematiche (“Nati per essere re, siamo i principi dell’universo…Combattiamo per sopravvivere in questo mondo con i più oscuri poteri…Io sono immortale…Non ho rivali, nessun uomo può competere con me…con la mia spada, a testa alta passerò la prova al primo tentativo…”). A KIND OF MAGIC esce in tutto il mondo il 2 Giugno 1986. Nel Regno Unito è già certificato Platino il 1 Giugno, solo in base alle prenotazioni (in Ottobre sarà già doppio Platino). Il 9 Giugno parte da Stoccolma il Magic Tour: sarà il loro ultimo giro di concerti insieme (toccherà solo l’Europa) e si concluderà il 9 Agosto a Knebworth, nell’Hertfordshire. I Queen sono all’apice in Inghilterra: l’arrivo in elicottero sopra una folla di oltre 100.000 persone, un repertorio magniloquente (antologia di 15 anni di successi strepitosi) e un Freddie magistrale, supremo intrattenitore al suo massimo splendore, il fisico sportivo, il baffo folto già simbolo di un decennio, la sicurezza sul palco del professionista navigato, le mosse certe e consumate dall’esperienza, la grandiosità che si ripete sempre più spettacolare, una voce sempre più possente e incisiva amplificata da impianti sempre più potenti. Questa è l’eredità Mercury, dopo un tour da ricordare e celebrare, sempre più importante alla luce del fatto che pochissimi mesi dopo Freddie scopre sgomento di essere affetto dal virus dell’HIV. A KIND OF MAGIC segna quindi la fine di un’ altra epoca dei Queen, la terza, e avvierà il loro triste declino, specchiato in quello del corpo di Freddie Mercury. Il 1986, la leggerezza e la spensieratezza degli eighties, la vita spericolata e gli eccessi, la promiscuità sessuale scellerata, le grandi sbornie live delle arene stracolme, il dominio assoluto del vitalismo del rock’n’roll da indossare (come Freddie) con una calzamaglia: sono tutte cose che si distanzieranno anni luce dai Queen e rendono A KIND OF MAGIC un ultimo episodio da custodire gelosamente, innalzato a nostalgia di una grandiosità altezzosa esibizionista che i nostri eroi non avranno mai più, purtroppo.

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